Critical reviews

Critical reviews

Hanno scritto su Vincenzo Calli:

Eugenio Montale, Dario Micacchi, Sergio Guarino, Tommaso Paloscia, Dino Villani, Alberto Bevilacqua, Giovanni Faccenda, Roger Bouillot, Paolo Levi, William Biety, Augusta Monferini, Roger Hurlburt, John T. Spike, Vittorio Sgarbi, Paola Refice, Angelo Tartuferi, Liletta Fornasari, Duccio Demetrio.

Angelo Tartuferi – 2015 – direttore del Museo dell’Accademia di Firenze

Nel considerare l’operosità di Calli, in aggiunta ai punti fermi ormai acquisiti, quali, ad esempio, il riprendersi alla grande tradizione pittorica toscana più o meno remota, unito al richiamo puntuale alla pittura degli anni trenta del secolo scorso, occorre sottolineare con forza il fitto, brulicante ductus pittorico, che irradia un’instabilità diffusa sulle sue forme falsamente immu-tabili. L’incessante frammentazione della pennellata è un elemento costitutivo della sua pittura che sembra cotonare certi paesaggi aerei e inumidire le forme solide delle sue ragazze sempre scomodamente sedute. E d’altra parte è costantemente scomoda la visione di Vincenzo Calli, sospesa tra un’apparente solidità concreta ( Carrà Balthus ) e una dimensione onirica di stampo prevalentemente fiabesco. Ma è quest’ultima che prevale quasi sempre e ammanta i suoi personaggi di unespressione incredibilmente attonita, che non è felice e neanche triste: è l’espressione di donne e uomini che sono consapevoli di recitare un copione e sperimentare sentimenti inalterati da millenni. Sullo sfondo di questo palcoscenico immutabile l’artista lascia al colore la facoltà d’introdurre l’elemento della variabile imprevedibile e incontrollabile, quel colore che eleva i suoi paesaggi a livelli non comuni di liricità e ne fa per noi il suo segno più alto.

WilliamBiety Direttore della Gallery Camino Real, Florida

Annidato fra Urbino, luogo di nascita del Rinascimento, e Firenze, la città del suo realizzarsi, si trova Anghiari città del XIII secolo. Dalla cima di questa collina, Vincenzo Calli è nato con una vista della campagna toscana.
Questo stesso paesaggio fu il luogo di nascita di Michelangelo, Piero della Francesca e molti altri Maestri della pittura del Rinascimento. Non è soltanto il paesaggio del posto che ha influenzato Calli, ma le fondamenta della vita italiana, la famiglia.
Le sue figure sono intrecciate come viti nelle vigne circostanti ma anche indipendenti l’una dall’altra come lo sono i campi di girasole da quelli di grano.
Ancora tutti i tessuti in un arazzo di ritmo, luce ed i colori della terra.
I dipinti parlano non soltanto del legame fra esseri umani e natura, fra uomini e donne.
Essi trattano dei sogni di ogni persona e delle memorie che li hanno creati.
Le figure levitano in un sogno spirituale e le loro espressioni enigmatiche creano una dinamica tensione che le lega insieme. Il suo lavoro è un’affascinante celebrazione di innocenza e sensualità.

Augusta Monferini Roma, 1998

Se Balthus, come ha suggerito Paolo Levi, può essere stato un punto di riferimento, viene però del tutto meno la maliziosa sensualità della figura femminile, che è assunta piuttosto come emblema di serenità e di purezza: dominatrice assoluta, la donna, la fanciulla, la bambina nei dipinti della prima metà degli anni Novanta, idolo di una rotondità gonfia di lirismo e di ingenuo desiderio.
In seguito invece, la donna diviene “metà”, compagna, integrandosi alla figura maschile come nel disegno di un concreto e maturo progetto, cresciuto con la conquista di una più solida fiducia e sicurezza: ai frutti, ai giocattoli, alle stoviglie, agli arredi della “toilette” si affiancano nuovi oggetti simbolici tra le mani dei protagonisti: la barchetta con il suo richiamo al “viaggio”, il borgo in miniatura (la stabilità, la residenza, le “radici”) o la barca che contiene il borgo, simboli che si integrano di un’avventura verso l’ignoto calamitata sempre però dal ritorno.

Alberto Bevilacqua Roma 15.11.1992

Le pitture scolpite di Vincenzo Calli.

Le opere di Calli hanno, nella loro calma olimpica, più perplessità che serenità: nulla di introverso. Tracciano la mappa di una storiografia personale, ne sono i bagliori, che lasciano intendere l’automazione universale del mondo.

Roger Bouillot Parigi, 29.12.1992

Calli, la Donna come sovrana.

In questo, Vincenzo Calli, è l’erede di tutti i suoi grandi predecessori toscani. Ma ciò che è attuale risiede nel singolare aspetto delle sue opere, ove si possono individuare, velate, ironia dolce e risonanza romantica. Vi operano un fascino un poco insolito e una limpidezza di sentimento onirico che non mancano di nobiltà.

John T. Spike ottobre 2001

Nuovi dipinti di Vincenzo Calli

Una caccia spensierata alle lucciole diventa la ricerca dell’illuminazione in Notti d’Estate, uno dei nuovi dipinti di Vincenzo Calli in questa mostra.
Due donne – una vestita, l’altra nuda – mettono a confronto le creature luccicanti che hanno catturato. Potrebbero essere sorelle, in quanto hanno i volti identici.
Forse sono due aspetti contrastanti della stessa personalità. Una delle donne nasconde la sua luce, mentre la sua compagna nuda mostra apertamente tutto ciò che possiede. Mi fa ricordare una personificazione antica di Verità: “una donna bella e nuda, che tiene il Sole nella sua mano destra e lo guarda fisso. È rappresentata nuda per dimostrare che la semplicità, per lei, è naturale. Tiene il Sole per indicare che la verità è l’amica della luce.”
Nella distanza, un’altra donna continua la sua caccia alle lucciole.

Calli confronta i suoi dipinti con delle mitologie, nelle quali utilizza un idioma moderno per rinnovare i misteri più antichi. Il suo quadro Navigatori contiene soltanto due figure, ma esprime i temi del viaggio dell’eroe verso l’illuminismo: l’arrivo della luce nel mondo e la presenza costante della Donna come dea, seduttrice e anima. L’acqua è un altro simbolo del principio femminile di vita e di creatività.
Nativo di Anghiari, vicino ad Arezzo, Calli ha ereditato la passione fiorentina per la miscela vigorosa del sensuale e dell’ideale. I suoi nudi dimostrano l’istinto classico che prende l’oggetto più sensuale e più singolare della nostra attenzione, il corpo umano, e lo mette lontano dal tempo e dal desiderio .
Le semplificazioni armoniose dei nudi di Calli riescono a prendere il concetto più razionale di cui siamo capaci, l’ordine matematico, e trasformarlo in un piacere per i sensi.

Il labirinto dal quale bisogna uscire, e il potere ristoratore della Natura, rappresentano altri temi mitici in questi dipinti, di cui le passioni basilari sono appena nascoste sotto la superficie di tranquillità filosofica. Aristotele disse che l’arte completa quel che la natura non è in grado di finire.
“L’artista ci fornisce una conoscenza dei fini non realizzati della natura”.
La ricerca di Calli, quella di armonizzare la forma e l’anima, è antica quanto il Mediterraneo.


Giovanni Faccenda Firenze, 2001

Le “Emozioni mediterranee” di Vincenzo Calli

Gli esiti che si hanno modo di apprezzare anche in questa occasione, appartengono infatti ad una iconografia al solito sospesa a metà fra classicità e mito, sobria nella struttura e dunque scevra, nella sua stessa composizione, da ogni appesantimento didascalico. Le figure giungono cos ì ad occupare quella che è una ribalta ideale, accompagnate da una fisiognomica inquieta, che è specchio evidente di quanto alberga nel segreto del loro animo.
Si ritorna allora sempre “Alla ricerca dell’anima [..] verso una meta oscura, talvolta indecifrabile che Calli ha scelto di guadagnare seguendo i difficoltosi itinerari della pittura.
Sorretto dalla memoria del passato che può rappresentare, in talUni casi, l’unico futuro.

Paola Refice
Direttore del Museo di Palazzo Taglieschi ad Anghiari (AR) 2007

La mostra “Nobiltà di Piero” caratterizza con la propria eccezionalità il 2007 ad Arezzo e in Val Tiberina. Intorno ad essa, e alle opere di Piero esistenti nel capoluogo, a Monterchi, a Sansepolcro fio­risce una notevole messe di iniziative culturali. Ad Anghiari, cittadina esclusa dal privilegio del pos­sesso di un’opera del Maestro, il Museo Statale di Palazzo Taglieschi ha accolto con entusiasmo l’idea di esporre opere di Vincenzo Calli. Figure ineffabili, che occupano situazioni possibili, senza pre­scindere dal proprio volume. Dipinti che, liberi dal peso del possesso della realtà assoluta, pure pre­sentano realtà individue, ciascuna colta nella propria, accidentale e irrefutabile essenza. Le sale del Palazzo si colmano di attese, situazioni sottese, esistenze interrotte. L’allestimento ha cercato di ri­specchiare questa idea dell’essere, questa forma del reale. I quadri, oggetti sospesi, rappresentano se stessi. L’uovo, omaggio ermetico e fecondo a Piero, si propone con discrezione, quale volume assolu­to. E la meraviglia nasce dal fatto che da tutto ciò non resti escluso il colore. Il colore: un paradosso luminoso, che attira lo sguardo e risveglia la percezione. Cunei di luce attraversano le scene: ci si aspetterebbe di vederli animarsi di pulviscolo, come in un uggioso pomeriggio di attesa, in una stan­za dalle grandi finestre e le persiane socchiuse. Si direbbe di essere negli anni Sessanta: anni di un secolo che già è stato il nostro. Un tempo diverso, tanto lontano da quello che evocano gli ambienti del Palazzo. Che pure accoglie gli uomini, le donne di Calli con naturalezza, quasi senza parere. Anghiari sogna: da sempre sogna di veder un giorno affiorare su un muro pitture di Piero. Nel­l’attesa, con discrezione, Calli racconta di storie, senza fare pittura di storia.

Vittorio Sgarbi, da “I giudizi di Sgarbi”, Editoriale Giorgio Mondadori

Ciò che colpisce di Vincenzo Calli è la pazienza pittorica che esercita nella ricerca delle sensazioni e nel recupero della memoria. Le sue fanciulle in fiore sono delle rivisitazioni, dove l’artista ha consapevolmente eluso il rischio di cadere nella morbosità del soggettivismo e della nostalgia. Non è tanto il volto, quanto gli atteggiamenti di un corpo femminile posato languidamente su una sedia, le gambe allungate e pro­tette dalle mani, a lasciare in chi guarda la sensazione depurata e oggettivizzata di un ricordo. Mi chiedo tuttavia se Vincenzo Calli non abbia qualcosa di deliziosamente demoniaco nel suo modo di impaginare il quadro, nel tratteggiare i momenti di sospensione, nell’alludere alla tridimensionalità grazie alla sapienza del segno e alla profondità del tratto pittorico, nel sottintendere più che nel mostrare. La qualità di questa pittura sta proprio nella ritualità delle apparenze, nella rinuncia ad esplorare il dato esistenziale, e nel considerare l’umanità come un giardino dove lo sguardo è catturato dalle armonie cromatiche e dall’eleganza delle forme. Quella di Calli e una scrittura poetica che enuncia con orgoglio le sue radici toscane, e che nella nitidezza quasi trasparente dei pig­menti e nel gusto arcaicizzante di tratteggiare i volti, si rivolge esplicitamente ai maestri del passato.La sua cifra stilistica sta soprattutto nell’esaltazione della brillantezza degli impasti cromatici, a cui tuttavia impone un’attenuazione di luminosità per rendere l’immagine metafisicamente innaturale. Calli non usa l’acquarello, ma l’ariosa leggerezza delle sue composizioni stempera il colore sino alle conseguenze estreme della trasparenza, mentre il flusso pittorico si pone al di là del messaggio psicologico, per vestire di fresca sensualità la giovinezza dei suoi personaggi. Il suo mondo vive una sorta di eternità antiretorica, come negli affreschi classici, dove l’equilibrio si compone nella staticità di un attimo, dove il movimento dei corpi e un gioco delle parti con le ombre e l’apparenza della semplicità racconta un universo rinserrato in un ordito fatalmente emblematico e senza tempo. Le scenografie sono del tutto innaturali, ma ci consegnano lo sfondo soggettivamente reale in cui si muove l’immaginario poe­tico dell’artista. Nel recupero di un tempo storico ben definito della storia dell’arte italiana, Vincenzo Calli ha stabilito il suo ordine formale ed estetico, che si configura in una pudica esaltazio­ne della forme giovanili e si fonda su una filosofia, una visione del mondo, dove l’equilibrio si ricompone nelle leggi naturali di un Eden senza peccato. Attuando la trasformazione dell’appa­renza in pura verità plastica, il suo classicismo sta anche nel rendere equilibra­te le figure a livello ottico in un gioco ritmato di vuoti e di pieni, chiudendo gli spazi in orizzontale, e alludendo alla possibilità che la narrazione si ampli ulteriormente. Ma il senso delle sue raffigurazioni sta nella voluta estraneità alle tentazioni letterarie o narrative, in quanto ogni figura diventa emblematica: sono anonimi attori ed attrici le cui vesti alludono a una contemporaneità, contraddetta per altro dall’assenza di uno sfondo sociale e culturale decodificabile. Sono solo frammenti di un paesaggio umano che ha una doppia chiave di let­tura. Da una parte c’è la rappresentazione del silenzio, della mancanza di comunicazione diretta fra i personaggi che si affiancano. Dall’altra, tuttavia, spira un’atmosfera di serenità che conferisce al silenzio il significato di un’evocazione di cose già dette e che non e più necessario ribadire.

Critical reviews by:

Eugenio Montale, Dario Micacchi, Sergio Guarino, Tommaso Paloscia, Dino Villani, Alberto Bevilacqua, Giovanni Faccenda, Roger Bouillot, Paolo Levi, William Biety, Augusta Monferini, Roger Hurlburt, John T. Spike, Vittorio Sgarbi, Paola Refice, Angelo Tartuferi, Liletta Fornasari, Duccio Demetrio.

William Biety Director of Gallery Camino Real, Florida

Nestled between Urbino, the birthplace of the Renaissance, and Florence, the city of its fruition, stands the XIII century town of Anghiari.
From this hilltop Vincenzo Calli was born with an overview of the seamless Tuscan countryside.
This same landscape was the birthplace of Michelangelo, Piero della Francesca and many other Masters of Renaissance painting.
It is not only the landscape of the place which has influenced Calli but the foundation of Italian life, the farnily.
His figures are entwined as the vines in the surrounding vineyards and yet, as independent one from the other as are the fields of sunflowers from the corn.
Yet all are woven in a tapestry of rhythm, light and the colors of the earth.
The paintings speak to more than the relationship between humans and nature and men and women.
They are about each persons dreams and the memories which create them.
The figures levitate in a spiritual revere and their enigmatic expressions create a dynamic tension that binds them together. His work is an intriguing celebration of innocence and sensuality.

Augusta Monferini Rome, 1998

If, as Paolo Levi has suggested, Balthus may have been a point of reference, Calli’s painting totally lacks the malicious sensuality of the female figure, which is instead taken as an emblem of serenity and purity: the woman, girl or child in the paintings of the early Nineties is the absolute mistress, an idol with a roundness swollen by lyricism aqd ingenuous desires
. But later, the woman becomes “half’, companion, integrating with the male figure as if within the design of a concrete, mature plan which has grown with the acquisition of more solid self-confidence and security. In addition to the fruits, toys, pans and bathroom accessories, there are other symbolic articles in the hands of the characters: the little boat with its suggestion of the “voyage”, the miniature village (stability, residence, “roots”), or the boat which contains the village; symbols which together represent an adventure into the unknown, but with the magnet of return always present.

Alberto Bevilacqua Rome 15.11.1992The Sculptured Paintings of Vincenzo Calli.

Calli’s works, in their Olympian calm, inspire more perplexity than serenity; there is nothing of the ìntroverse therein.
They trace the map of a personal historiography; there are flashes which allow us to understand the universal automation of the world.

Roger Bouillot Paris, 29.12.92

Calli, Woman in Majesty In this, Vincenzo Calli is the heir to his great Tuscan predecessors; his contemporaneity, though, lies in the unique presence of his works, in which, veiled, soft irony and romantic resonance can be detected. They emit a somewhat unusual charm and clarity of oneiric feeling which do not lack nobility.

John T. Spike october 2001

New Paintings by Vincenzo Calli

The carefree pursuit of fireflies becomes a quest for illumination in Summer Nights (Notti d’Estate), one of the new paintings by Vincenzo Calli in this exhibition.
Two women – one dressed, the other nude – compare the sparkling creatures they have captured. They could be sisters, for they have the same women conceals her light, while her nude companion frankly displays all that she has.
She reminds me of an ancient personification of Truth: “a beautiful nude woman, holding the Sun in her right hand and gazing at it.
She is pictured nude to show that simplicity is natural to her. She holds the sun to indicate that truth is the friend of light.”
In the distance another woman continues to pursue fireflies.

Calli compare his paintings to mythologies, in which he uses a modern idiom to renew the most ancient mysteries. His painting of Navigators (Navigatori) contains only two figures yet expresses the themes of the hero’s journey towards enlightenment; the coming of light into the world, and the constant presence of Woman as goddess, seductress, and spirit: water is another symbol of the Feminine principle of life and creativity.
A native of Anghiari, near Arezzo, Calli inherited the Fiorentine passion for the vigotous blending of the sensuous and the ideal.
His nudes show the classical instinct to take the most sensual and arresting object of our attention, the human body, and to put it out of the reach of time and desire.
The harmonious simplifications of Calli’s nudes take the most rational concept of which we are capable, mathematical order, and makes it a delight to the senses.

The labyrinth that must be escaped and the restorative powers of Nature are other mythic themes in these paintings, whose underlying passions are thinly concealed beneath their surface of philosophic calm.
Aristotle said art completes what nature cannot finish. “The artist gives us knowledge of nature’s unrealized ends.” Calli’s quest to harmonize form and spirit is as old as the Mediterranean.